Ci sono molti modi d andare in montagna, ogni epoca ha i suoi stili e le sue preferenze.
Oggi direi che vanno il classico e il postmoderno, intesi come salita ai rifugi e percorrenza delle vie normali facili – nel primo caso – e ripetizione delle vie di arrampicata sicura e ben protetta nel secondo. I due estremi in fondo si toccano, perché se ti piace camminare scegli i sentieri comodi e frequentati, di sicura soddisfazione, e se sai arrampicare prediligi la roccia migliore, al sole, senza troppe sorprese, E’ lo stile del nostro tempo, che ha poca voglia di perdere tempo. Ma chi come Andrea Parodi frequenta la montagna da tanti anni sa che la molla che ti spinge ad andare avanti è il desiderio della scoperta, la capacità di apprezzare e interpretare gli ambienti nelle loro infinite sfaccettature, il gusto di conoscere e seguire le tracce di chi ci ha preceduto. Per questo si dice che la montagna non è solo uno sport, perché entrano in gioco componenti che negli altri sport non esistono.
Quindi è piu che logico che, una volta salite le cime per le vie normali, e una volta imparate le tecniche di base dell’arrampicata, un alpinista senta il bisogno – come dice Parodi stesso – di assecondare rinnovate sensibilità, senza concedere troppo alle mode:
«…In ogni caso ho seguito le tracce dei pionieri, perché gran parte delle vie descritte nel libro state aperte nell’Ottocento o ai primi del Novecento. A volte, più della bellezza dell’arrampicata, mi ha spinto il fascino dei luoghi e la curiosità di vedere e toccare strutture rocciose particolari, che mi avevano attratto leggendone su vecchie guide o sentendone parlare da qualcuno. Perciò, sfogliando il libro, accanto a vie classiche e bellissime come la Sigismondi all’Argentera o la De Cessole al Corno Stella o la cresta est del Monviso, s’incontrano anche vie normali di montagne poco note, piccole guglie che emergono dai boschi, creste magari un po’ erbose ma solitarie e panoramiche, canalini di neve nascosti tra le pieghe di verticali pareti».
Si tratta della scelta consapevole di chi ha capito che, grattando grattando, in alpinismo contano due cose sostanzialmente: conta l’anima dei luoghi, vale a dire il loro fascino e la loro unicità, e contano le idee e le azioni dei personaggi che a quegli stessi luoghi hanno dato un corpo, un’identità, un respiro storico. Naturalmente si può andare in montagna anche infischiandosi dell’ambiente e della storia, ma al di là del gesto sportivo le escursioni risultano tutte uguali, ginnastiche in posti spettacolari ma senz’anima. Dei “non luoghi di lusso.
Questa guida invita a riconsiderare i Luoghi come corpi vivi, con le loro sfaccettature, le luci, i colori, gli odori, interiorizzandoli prima ancora di andarci, e poi vivendoli, distinguendoli, capendoli. L’autore assolve quel ruolo sempre più raro e sempre più prezioso del “critico” (come ci sono i critici letterari e i critici musicali, perché non dovrebbero esistere i critici alpinistici?), cioè di colui che ragiona per noi e ci guida a valutare, a scegliere, ad apprezzare. E’ forse la riproposizione di un vecchio alpinismo? Che io sappia è l’unico alpinismo che abbia un senso.
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