Ci sono molti modi per comprendere il creato, e solo Dio sa quanto ne abbiamo bisogno. Chi non crede nel Dio della Bibbia può metterci qualunque altro nome, e comunque resta un grande artista.
Il primo approccio, basilare, consiste nel guardare il mondo senza occhi conquistatori, perché quando crediamo di dominare la natura siamo come quei bambini che rompono il giocattolo per sentirsi grandi. La natura non è il nostro giocattolo, e neanche una parte di noi. Siamo noi a esserne parte.
Il secondo modo è naturalmente conoscerla, cercando di distinguere tra ciò che esiste a prescindere dall’uomo e ciò che deriva dalla mediazione, o dalla distruzione umana. Il fotografo Roberto Andrighetto si occupa da molto tempo di natura “selvaggia” e ne ama particolarmente la rappresentazione estrema – la fauna d’alta quota –, ben sapendo che la wilderness è un concetto sempre più raro nella vecchia Europa e che gli animali delle Alpi sono i superstiti di una relazione difficile tra gli esseri viventi e il loro ambiente. Uomo compreso. Per esempio diamo per scontato che il camoscio sia un animale d’alta montagna, ma il camoscio abita tranquillamente le medie altezze e si trova bene anche sugli affioramenti rocciosi di bassa quota. Forse è diventato un rifugiato per necessità, e forse l’uomo ha fatto la sua parte.
Un terzo modo per capire e amare la natura è raccontarla. Andrighetto fa questo: racconta la meraviglia della natura alpina fermando i momenti speciali e accostandoli come i fotogrammi di una storia. Non è solo una scelta estetica, perché c’è anche lo sforzo di catturare la “personalità” degli animali, il comportamento, ma l’aspetto estetico è fondamentale. Il risultato è veramente notevole ed è la prova che l’uomo che conosce e ama può aggiungere qualcosa alla bellezza della natura, ricreandola attraverso il proprio sguardo. Andrighetto non toglie niente e restituisce molto, traducendo lo stupore in immagine. Se ci mettiamo nei suoi occhi restiamo senza parole, perché la parola non basta più.
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