Annuario del CAI Torino
Nel riproporre un annuario di solo alpinismo, abbiamo cercato ancora una volta di uscire da una stretta visione provincialistica per rivolgerci ad un pubblico più vasto.
La nostra ricerca è stata motivata da alcune esigenze: informare, fare il punto sulle tendenze più significative dell’alpinismo attuale, ma soprattutto registrare le spinte e i modi di espressione più sentiti. Non vi è stata quindi un’impostazione voluta a priori dalla redazione; gli stessi redattori provengono da esperienze e modi di pensare differenti, per cui la linea ideologica dell’annuario non poteva comunque risultare del tutto univoca e coerente. Il punto di contatto importante tra noi era l’interesse per la realtà alpinistica di oggi e quindi la volontà di rappresentarla in qualche modo con un lavoro di collaborazione. Le varie interpretazioni spesso differivano, ma forse proprio questa naturale diversità di vedute ci ha permesso di aprirci ad ogni contributo costruttivo, senza eccessivi preconcetti o chiusure particolaristiche. Il risultato può convincere, interessare, come può apparire ricercato o superfluo. La scelta di ciò che andava pubblicato, perché valido, e ciò che invece ripeteva cose già dette, o troppo personali, è stato laborioso compito della redazione; anche le traduzioni sono state selezionate dai redattori. Ma è importante sottolineare come si sia spaziato nella ricerca dei testi in tutti gli ambienti alpinistici più vitali del momento, soprattutto italiani; in definitiva quasi tutto è stato discusso, vagliato attentamente e indirizzato, senza preclusioni, verso la pubblicazione.
SCANDERE riflette quindi la realtà.
Si tratta di una realtà molto incerta, frazionata, ma fondamentalmente sincera e in atteggiamento di ricerca. Anche nel 1980 le salite importanti ci sono state, e tante; alpinisti forti sono emersi, altri si sono riconfermati. Ma non è più il valore della realizzazione alpinistica in sé o l’immagine mitizzata dell’alpinista a caratterizzare una pubblicazione di montagna come questa. Ci interessavano piuttosto le scoperte originali che sottostanno a poche di queste esperienze, le domande che muovono alcuni arrampicatori, le esigenze che altri avvertono ed esprimono per un confronto. In questo senso vanno considerate ad esempio le due differenti analisi di spedizioni extra-europee dell’anno appena passato, quella di Gianni Calcagno e quella di Lino Castiglia. La ricerca del continuo auto-superamento in arrampicata è sempre determinante, con tutti i grossi risultati e le angosciose conseguenze che comporta: ce ne parla con lucida chiarezza il giovanissimo friulano Ernesto Lomasti, morto prematuramente in palestra nel 1979.
La realizzazione alpinistica nell’espressione più matura emerge invece dall’avvincente racconto di Giuliano Giongo sulla sua grande salita alla Torre Egger, inquadrata da un’ampia introduzione storica di Roberto Mantovani che rende doppiamente interessante questo “viaggio” in terra di Patagonia.
Sinceramente ci pareva troppo riduttivo il puro aspetto descrittivo di salite, montagne, pareti: di qui lo spazio dedicato a dibattiti, interpretazioni, interrogativi sul nostro alpinismo e su quello degli altri. Ugo Manera ha affrontato in chiave critica e personale il discorso sul professionismo, quello dei giovani settimogradisti che vivono arrampicando; la sua analisi ha un immediato riscontro nell’articolo di Mario Ogliengo su Maurizio Zanolla, il giovane e ormai celebre Manolo delle Pale di San Martino. Pietro Crivellaro, riprendendo la questione irrisolta dell’origine della passione alpinistica, ne propone un’interpretazione in chiave simbolica, con un lungo affascinante percorso che risale dai miti del passato alle motivazioni degli alpinisti di oggi. Il “pigmalione” di Bernard Amy, infine, pensiamo offra un’ulteriore stimolante interpretazione.
I tempi delle certezze sono passati da un pezzo. Ora arrampicare significa confrontarsi con gli altri, trovare la spinta che ci entusiasmi e ci convinca, i risultati che ci appaghini e ci arricchiscano.
Ascoltare, capire e guardarsi intorno è il primo passo di questo cammino lungo e avvincente verso un alpinismo più umano; SCANDERE può essere un aiuto per andare più lontano; questo ci auguriamo, senza presunzione.
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