Con gli anni Ottanta, il quadro delle riviste di montagna è in rapido mutamento. È l’alba dell’alpinismo sportivo e le riviste devono tenere il passo degli alpinisti. In Italia il 1980 segna l’avvento di “Airone”, il mensile di divulgazione naturalistica che fa scuola a tutto il settore mostrandoci la magia della carta patinata.
In Francia i periodici “Alpinisme et Randonnée” e “Montagnes Magazine” rivoluzionano la grafica e il modo di raccontare la montagna. Lo stesso alpinismo stenta a riconoscersi: irrompono gli exploit e le immagini dell’arrampicata, i futuristici concatenamenti di cime e pareti alpine, le galoppate sugli ottomila himalayani. E così, mentre già si mormora di gare di arrampicata, la Rivista della Montagna subisce la concorrenza di un mensile colorato e aggressivo come i nuovi tempi: si chiama “Alp, vita e avventura in montagna”.
“Alp” nasce sotto la mia spinta nel maggio del 1985, sull’onda dell’arrampicata sportiva e delle denunce ambientaliste. Io e Furio Chiaretta abbiamo lasciato il Centro di Documentazione Alpina per fondare il nuovo mensile. L’editore è il piemontese Giorgio Vivalda. Il progetto grafico è di Pier Vincenzo Livio. Il mio capo redattore è Walter Giuliano. La rivoluzione di “Alp” consiste nel trattare i fatti delle terre alte con gli strumenti giornalistici ed estetici di ogni giornale, senza rifluire nelle logiche sempre più asfittiche della comunità alpinistica. La rivista racconta l’alpinismo con le parole e le immagini del giornale sportivo, un fatto totalmente nuovo nel mondo della montagna, e affronta senza condizionamenti i grandi problemi del territorio alpino, lo sfruttamento turistico, il degrado, la salvaguardia, le politiche dei parchi.
Resto alla guida di “Alp” fino alla fine del 1998, quando lascio la direzione a Marco Albino Ferrari.
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